Hacking e agricoltura sono due ambiti semantici che difficilmente riusciamo a pensare contemporaneamente o a utilizzare nella stessa frase.

I “pirati” sono tuttavia capaci di applicare il proprio modo di pensare ai più diversi ambiti e, pertanto, esiste anche una comunità mondiale di “pirati” che si occupa con dedizione di questo solo apparentemente inconciliabile sodalizio.

Considerando che l’agroalimentare è il settore sul quale si fonda l’esistenza stessa dell’umanità, è quindi opportuno ricordare alcune delle iniziative in corso di sviluppo.

Farm Hack

Farm Hack è una comunità internazionale che si propone lo sviluppo e la condivisione di strumenti open source per un’agricoltura basata sulla condivisione delle conoscenze e sulla ricerca collaborativa.

Agricoltori e progettisti di robotica, produttori di macchinari e sviluppatori software si riuniscono per creare una vera e propria “coltura dell’open source”.

GOAT

GOAT è a tutti gli effetti una piantagione di competenze: l’obiettivo che si propone la comunità è quello di creare un luogo in cui le esperienze trasversali dei propri associati possano essere acquisite facilmente da chi si avvicina alla comunità, riducendo le curve di apprendimento necessarie per lavorare con profitto nello sviluppo di nuove soluzioni.

RuralHack: gli agropirati italiani

Anche in Italia si sono create le condizioni per sviluppare una collaborazione tra agricoltura e informatica.

L’iniziativa RuralHack, per esempio, è una task-force del programma Societing4.0 (un programma transdisciplinare di ricerca/azione per la social digital transformation) che mira a creare un “network di ricercatori, attivisti, contadini, hacker, manager, artisti”.

I progetti sono orientati a una convergenza tra il mondo dell’agricoltura di qualità e quello dell’innovazione digitale.