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European Chips Act: i sei ostacoli al progetto più ambizioso della politica industriale UE

L’European Chips Act è il piano più ambizioso dell’UE per avviare una politica industriale a lungo termine, ma risente di sei criticita.

Riassumiamo la puntuale analisi che Laurens Cerulus e Joshua Posaner hanno condotto in un articolo apparso su Politico e che invitiamo a leggere in versione integrale:

  1. i tentativi UE di lanciare politiche industriali a lungo termine non hanno avuto successo in passato e non possono competere con la potenza dirigistica cinese e l’esercizio da parte del governo degli Stati Uniti del suo complesso industriale dominante
  2. L’Europa non si è (ancora) assicurata un “mega fab” (funzionante) e TMSC, Samsung e Intel non vogliono o non possono risolvere la questione
  3. Se la lotta è su chi finanzia di più gli investimenti, c’è un chiaro divario tra l’immenso potenziale finanziario degli USA e quello della UE
  4. La UE è storicamente inadatta a gestire politiche dirigistiche di finanziamento pubblico all’industria senza inciampare nelle proprie trappole antitrust
  5. Il valore aggiunto dell’elettronica è miniaturizzazione e supercalcolo, ma la lobby automobilistica premerà per far produrre subito chip meno evoluti piuttosto
  6. L’aumento dell’inflazione sta facendo raffreddare l’interesse per gli investimenti pubblici, anche in quei paesi come la Germania, strategici per far funzionare il piano chip.

Riteniamo che sia fondamentale Tenere presente questi punti, anche alla luce dei latenti contrasti che vi sono tra le agende strategiche e politiche dei due commissari chiave, la danese Margrethe Vestager, commissaria alla concorrenza, e l’ex capo di Atos il francese Thierry Breton, commissario per il mercato interno e i servizi.