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La privacy non ha prezzo, la sicurezza invece sì ed è sul listino dei politici…

due esperti con prospettive radicalmente diverse per discutere le risposte a queste domande. Uno è Andrew Bustamante.(nuova finestra), un ex agente dei servizi segreti della CIA che capisce dall'interno come funziona la sorveglianza. L'altra è Jennifer Huddleston(nuova finestra), Senior Fellow in Politica Tecnologica presso il libertario Cato Institute(nuova finestra), che sostiene che la privacy è un diritto umano fondamentale
due esperti con prospettive radicalmente diverse per discutere le risposte a queste domande. Uno è Andrew Bustamante.(nuova finestra), un ex agente dei servizi segreti della CIA che capisce dall'interno come funziona la sorveglianza. L'altra è Jennifer Huddleston(nuova finestra), Senior Fellow in Politica Tecnologica presso il libertario Cato Institute(nuova finestra), che sostiene che la privacy è un diritto umano fondamentale

Un’utente del gruppo telegram di Walter Vannini ci ha segnalato sul blog di Proton un interessante dibattito intitolato “CIA Spy vs. Privacy Pro: Should Security Cost Your Privacy?” in cui un ex-agente della CIA si confronta con una professionista della privacy.

Proviamo a far ripubblicare questo post sulla comunità Lemmy del Privacy Pride: @[email protected]

Si tratta di un tipo di confronto intellettuale che la nostra opinione pubblica dovrebbe vedere più spesso, ma sfortunatamente il video sfora di quasi dieci minuti e quaranta secondi il tempo limite che garantisce la massima attenzione del pubblico generalista; oltre al fatto che Jennifer Huddleston è decisamente troppo vestita per raccogliere l’interesse dei giornalisti nostrani.

Auspicando quindi che in futuro si possa organizzare un più notiziabile interracial tra Andrew Bamonte, ex ufficiale dell’intelligence della CIA, e Jennifer Huddleston, Senior Fellow in tecnologia e politica del Cato Institute, dobbiamo accontentarci di un confronto solo verbale che, almeno tra noi pervertiti che ci interessiamo a questi temi, è risultato davvero illuminante.

Il dibattito verte sulla privacy come diritto umano inalienabile. Bamonte, con quel pragmatismo disarmante frutto del condizionamento che hanno ricevuto barbe finte e militar, sostiene che, non essendo esplicitamente codificata nella Costituzione, l’idea di un diritto alla privacy sia una menzogna, un’illusione concessa anche troppo negli ultimi tempi. Huddleston ribatte con forza che la privacy è invece il fondamento che protegge diritti fondamentali già sanciti, come la libertà di espressione e di riunione, diritti cruciali per attivisti e giornalisti che necessitano di strumenti crittografati per operare in sicurezza: quando lo Stato mette questi principi in secondo piano rispetto alla tutela dell’interessee nazionale, apre una porta verso la tirannia.

Questa tensione si riversa inevitabilmente sulla tecnologia e l’applicazione della legge. Bamonte utilizza un argomento utilitaristico: sebbene sia deplorevole, sacrificare dati innocenti è un costo necessario per fermare criminali, terroristi e trafficanti di minori che sfruttano la crittografia. Per lui, se la polizia protegge i cittadini, deve essere messa in condizione di farlo.

Huddleston ridefinisce questa visione semplicistica, sottolineando invece la necessità di utilizzare mandati legali mirati, come si farebbe per le indagini fisiche, invece di ricorrere alla raccolta di dati di massa o, peggio ancora, all’acquisto di informazioni dai data broker. Creare backdoor o vulnerabilità, avverte, esponetutti agli hacker e agli attacchi esterni, compresi i “buoni” e le infrastrutture nazionali.

Il dibattito raggiunge un tono quasi surreale quando Huddleston si preoccupa che gli Stati Uniti creino un precedente globale chiedendo backdoor che verranno poi imitate da regimi autoritari (no Jennifer, non solo quelli autoritari, ndr) e Bamonte offre una risposta brutalmente candida: sì, gli Stati Uniti spiano e rubano informazioni per mantenere la propria dominanza globale e i Paesi che temono la tecnologia americana hanno ragione, perché è quello che facciamo. Questo cinismo, presentato come realismo, è il segnale d’allarme più chiaro di ciò che ci aspetta in futuro.

I politici amano la “Sicurezza”, perché la “Sicurezza” li fa sentire importanti e dà loro sicurezza economica…

Sebbene il confronto tra i due interlocutori sia aperto e stimolante e simboleggia bene il dibattito ra sostenitori della sicurezza e sostenitori della privacy, i nostri politici e i nostri imprenditori -chissà perché- tendono ad ascoltare e a dare peso infinitamente maggiore alla voce dell’ex agente della CIA rispetto a quella dell’attivista per la privacy.

Al di là di certi “Generali” da commedia dell’arte che ogni tanto si affacciano in politica (una volta lo facevano solo per perorare trattamenti pensionistici abnormi in favore della categoria; bei tempi quelli… e danni infinitamente meno gravi per la collettività!), dobbiamo osservare che esiste una preoccupante sudditanza psicologica dei nostri politici e dei nostri giornalisti verso alcuni esponenti molto vicini o appartenenti all’intelligence militare; si tratta di un fenomeno che potrebbe trovare una spiegazione psicologica nella carica affascinante con cui le produzioni anglo americane hanno saputo rivestire il fenomeno dello spionaggio; eppure siamo convinti che la possibilità di accedere alle porte girevoli offerte da NATO, AID, AIAD, industrie della difesa e della sorveglianza, “riviste varie di geopolitica” e la possibilità di farsi pagare catering, hostess e location prestigiose anche per i convegni più insulsi, sia una spiegazione migliore.

A questo si aggiunge il problema per cui la tutela della privacy non è una promessa che fa guadagnare consenso elettorale, non genera fondi per le campagne politiche e, soprattutto, una “lobby per la privacy”, se mai esistesse, non potrebbe offrire porte girevoli altrettanto lussuose e remunerative al termine del mandato politico quanto quelle offerte dal complesso industriale della sicurezza, della difesa o delle grandi aziende tecnologiche. Perché è il caso di ricordare che in un sistema dove la sicurezza è sinonimo di spesa pubblica e potere, la privacy è solo un cazzo di ostacolo!

…in un sistema dove la sicurezza è sinonimo di spesa pubblica e potere, la privacy è solo un cazzo di ostacolo!

La “sorveglianza” rivendica sempre la privacy per sé: svergogniamola!

La conclusione del dibattito dovrebbe risuonare come un monito: oggi, diritti fondamentali come la privacy (e con essa, la libertà di espressione e il diritto a manifestare) vengono spesso dati per scontati e come diceva Benjamin Franklin “Coloro che rinunciano alla libertà essenziale per comprare un po’ di sicurezza temporanea, non meritano né la libertà né la sicurezza”. Tuttavia non possiamo dare la colpa all’ignavia dell’opinione pubblica, soprattutto noi che abbiamo compreso bene quanto il dibattito pubblico sui social è una partita truccata.

La lobby della sorveglianza infatti è estremamente gelosa della propria segretezza e a volte sfrutta le leggi previste per tutelare la privacy degli individui (vedi il diritto all’oblio), per nascondersi dall’opinione pubblica!

Bisogna quindi far comprendere che oggi esistono forze potenti, ben radicate nel tessuto politico ed economico, che lavorano attivamente per eroderci questi diritti. Non lo fanno perché hanno fatto un patto con Satana o perché nel buio della notte hanno stilato in un cimitero dell’est europa un surreale elenco di “cose da ricordare” per dominare il mondo… Lo fanno semplicemente perché è conveniente, perché girano tanti soldi, perché un consulente in sorveglianza guadagna dieci o cento volte più di un DPO!

Queste forze esistono, bisogna dare loro un nome e un colore politico e bisogna iniziare ad averne il giusto timore.

Credere che queste forze non esistano, che siano solo personaggi da teoria cospirativa o che non abbiano i mezzi per influenzare le leggi e le politiche, è il modo più pericoloso per risvegliarsi, un giorno, senza i diritti che credevamo inalienabili.

Vogliamo vedere dove si trovano i battaglioni di queste forze? Allora sarà sufficiente iniziare a sorvegliare i sorveglianti! Così vedremo da dove inizieranno a spararci…

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